Cosa c’è di più prezioso al mondo di un’informazione? Questo è sempre stato vero, ma lo è soprattutto nel 21° secolo, ancor di più in una situazione di emergenza come quella causata dal coronavirus. E infatti, pur di accaparrarsi un vantaggio competitivo sulle economie rivali (oltre che sanitario), si è scatenata la cyber warfare Usa-Cina per carpire le informazioni sul vaccino anti Covid-19.
Warfare Usa-Cina per il vaccino contro il coronavirus
Mentre il mondo si precipita a contenere la pandemia e a trovare un vaccino, ricercatori e funzionari del governo hanno sempre più avvertito di un aumento degli attacchi informatici, finalizzati alla raccolta di informazioni strategiche. Questi ultimi hanno preso di mira in particolare le istituzioni di sanità pubblica come l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Il clima è particolarmente teso, dal momento che gli Stati Uniti hanno denunciato specificamente gli hacker cinesi, accusandoli in primis di spiare ma anche di mettere in pericolo la ricerca sui vaccini Covid-19.
La corsa allo sviluppo di un vaccino è particolarmente aspra: molti paesi affermano di essere disposti a collaborare a livello internazionale durante tutto il processo, ma altre nazioni cercano la via più breve per colmare le lacune della propria ricerca scientifica.
Lo J’accuse degli Stati Uniti
Una dichiarazione congiunta dell’Ufficio federale di indagine e dell’Agenzia per la sicurezza informatica e della sicurezza del Dipartimento della sicurezza interna accusa la Cina di fare spionaggio:
“Questi attori sono stati osservati nel tentativo di identificare e ottenere illecitamente preziosi dati sulla proprietà intellettuale e sulla salute pubblica relativi a vaccini, trattamenti e test da reti e personale associato alla ricerca correlata a Covid-19. Il potenziale furto di queste informazioni compromette la consegna di opzioni di trattamento sicure, efficaci ed efficienti.”
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Alto livello di conflitto, “nessuna evidenza”
Negli ultimi decenni, l’ascesa dello spionaggio digitale ha offerto alle nazioni un potenziale molto più ampio, tuttavia, offuscando sempre queste linee già sottili: un ruolo importante è giocato dall’invisibilità del conflitto per l’opinione pubblica. Non è come attaccare fisicamente una nazione: può essere in corso uno scontro di proporzioni bibliche senza che la gente si accorga di nulla.
Gli Stati Uniti hanno lottato anni per scoraggiare il cyber-spionaggio cinese. Un accordo di riferimento tra i due paesi nel 2015 sembrava rallentare il ritmo degli assalti al settore privato, ma finora con scarso successo.
L’accusa degli investigatori Usa cita la Cina, ma è probabile che ci siano altri paesi coinvolti in attività di warfare, Iran e Russia come minimo: il punto è il rapporto particolarmente logoro tra Cina e Stati Uniti.
La disperazione causata dalla pandemia di Covid-19 è un potente incentivo per i paesi a ignorare quei controlli impliciti sull’hacking.
Spionaggio informatico: guerra tra aziende come quella tra stati
Questo esempio di guerra digitale è perfetto per spiegare cosa può accadere a un’azienda vittima di spionaggio industriale: anche qui non dobbiamo dimenticarci che la posta in gioco è molto ampia, un’azienda in difficoltà può entrare illecitamente in possesso di progetti, brevetti, proprietà intellettuali che potrebbero rivelarsi decisivi per assicurarsi un vantaggio competitivo contro le imprese rivali o addirittura per l’esistenza stessa.
E non essendo un atto avente l’obiettivo di minare la business continuity, la vittima potrebbe non accorgersi mai dell’intrusione nei propri sistemi informativi.
Ci sono due potenziali fattori di rischio per le aziende: una è la scarsa protezione della rete informatica (a malapena efficace contro virus tradizionali e spam), l’altra è la difficoltà a risalire all’identità dell’attaccante (e di conseguenza a collegarlo al “mandante”).
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